giovedì 6 giugno 2013

Kierkegaard e Munch


"La poetica di Munch è direttamente o indirettamente collegata con il pensiero di Kierkegaard, che soltanto nei primi decenni del Novecento comincerà ad essere conosciuto in Germania: si deve dunque a Munch, che soggiornò più volte in Germania, la spinta "esistenzialista" che farà nascere l'Espressionismo, che è nato infatto nel nome e sotto il segno della sua pittura." 
Kierkegaard Soren: l’esistenzialismo
Fu l’altro rappresentante della reazione ad Hegel. Kierkegaard è una personalità sensibile. Era il più piccolo di tanti figli, nato nel 1813. E’ figlio di un pastore protestante, quindi sin da piccolo è cresciuto nel timore del peccato. Non ha mai fatto le cose dei giovani, non ha mai toccato la vita.
Hegel ha sempre parlato di dialettica, razionalità, necessità, ma per Kierkegaard la categoria fondamentale è la possibilità: da lui deriva l’esistenzialismo del ’900: noi abbiamo la libertà e la possiamo gestire. Lo scrive nel “Concetto di possibile”: tutto è possibile, la nostra esistenza è tra la possibilità positiva e negativa, dipende dalla nostra scelta, che è chiave dell’esistenza. Noi siamo al punto 0.
Ma ciascuno di noi deve vivere, allora egli pensa che la fede sia un modo per vivere, ma non il cristianesimo, ma una fede personale.
Il fondamento di ciascuno di noi è la possibilità. La possibilità riferita al mondo esterno è l’angoscia (avere rapporti con gli altri); riferita al nostro io è la disperazione.
Nel “Concetto di angoscia” egli scrive che l’angoscia è esemplificata bene nella frase di Gesù a Giuda: “Ciò che tu fai, affrettalo”. L’angoscia lega il presente al futuro.
Se noi non sappiamo chi siamo, cosa vogliamo, noi siamo disperati.
Kierkegaard ci presenta tre stadi di vita, non in forma dialettica (et, et) ma “aut, aut” (o, o) 3 stadi dell’esistenza (= venir fuori dalla massa): il primo di tutti è Adamo, venuto fuori tramite il peccato, che è nostro e personale. Ogni singolo fa una sua esistenza la sua filosofia è quella del singolo.

Gli stadi sono tre:
1. Stadio di vita estetico: ne parla nel suo “diario di un seduttore” protagonista è Don Giovanni che vive la vita cercando emozioni e piacere alla ricerca di nuove esperienze: “che lo sappia o no è un disperato”: o rimane così, o cambia la sua vita, fa un salto (dialettica del salto).
2. Stadio di vita etico: è caratterizzato dalla figura del marito, dalla fedeltà: può rimanere così o può anche prendere in considerazione la vecchia vita e fare un altro salto.
3. Stadio di vita religioso: rappresentato da Abramo. Egli rappresenta la solitudine dell’uomo di fronte a Dio l’obbedienza per Kierkegaard.

Abramo rappresenta la fede: essa è un paradosso. La verità non è rivelata, essa lo è per me (anche nella verità c’è singolarità). In “Timore e Tremore” parla di Abramo; egli è il capostipite di tre religioni. Suo figlio Isacco è un dono di Dio. Quando gli viene chiesto di sacrificarlo, egli non si rifiuta, non discute, perché rappresenta una fede religiosa cieca.
Il racconto significa che lo stadio di vita religioso per Kierkegaard rappresenta un rapporto privatissimo con Dio.
La vita è fatta di istanti e va vissuta istante per istante. La libertà che abbiamo dobbiamo regolarcela noi, non abbiamo né leggi né regole, dobbiamo inventarci la nostra vita. Si vede la reazione ad Hegel perché esalta l’individuo nel suo lato precario.


La filosofia di Marx
Marx nasce a Treviri  nel 1818 da una famiglia di origine ebraica, suo padre era avvocato, liberale. Studia a Bonn ed a Berlino frequenta le lezioni dei discepoli di Hegel. 

Nel ’43 Marx aderisce al comunismo. Alla base di questa adesione vi è sicuramente una critica della civiltà moderna, dello stato liberale, alcuni accenni a questa critica li possiamo trovare in uno scritto per gli Annali franco-tedeschi.
Qual è la critica che Marx sviluppa nei confronti del mondo moderno ? Il mondo moderno è caratterizzato da una scissione, che si manifesta soprattutto fra stato e società civile. Il termine di paragone è la polis greca nella quale l’individuo si trovava in una unità sostanziale con la comunità e non provava quindi una scissione nel rapporto tra l’io pubblico e l’io privato, cioè sentiva se stesso come parte della comunità . Nel mondo moderno l’uomo vive due vite, come borghese e cittadino. In terra è il borghese , in cielo ( cioè nello stato è il cittadino). Lo Stato non persegue l’interesse comune, non è lo Stato ad imbrigliare la società civile, ma è lo Stato che è lo strumento degli interessi più forti nella società civile.Lo Stato è uno stato di classe. La pretesa liberale di presentare lo stato come neutro -sotto l’aspetto dell’uguaglianza formale - in realtà è ingannatoria . Il cittadino in qualche modo sperimenta nella società borghese una alienazione simile a quella che si sperimenta nella religione.Vi è una falsa universalità dello Stato, che si manifesta nell’uguaglianza formale. Essa nasce dalla società moderna che si basa sull’atomismo sociale, incentrato sulla proprietà privata e sull’interesse individuale. E’ una libertà negativa quella dell’individuo privato che si esprime nella proprietà, di una società strutturalmente asociale. La critica è allo stato borghese ed è un rifiuto delle due principali conquiste dello stato borghese :
Il principio di rappresentanza, che -per Marx -presuppone la scissione tra individuo e stato
Le libertà individuali, che sono frutto dell’atomismo borghese, dell’uomo asociale
Marx propone un modello di società alternativa, una democrazia sostanziale totale in cui vi è una perfetta compenetrazione tra individuo e società così come era nella polis greca. Come è possibile questa democrazia totale ? E’ possibile eliminando la disuguaglianza, cioè eliminando al proprietà.
M. è ancora convinto che una società radicalmente democratica si possa realizzare con il suffragio universale. Ma di lì a poco M. finirà per identificare il soggetto della rivoluzione nel proletariato, che è la classe senza proprietà, antitesi della classe borghese, pertanto è spinta ad abbattere questo stato borghese.
L’alienazione
Nel ’44 nei Manoscritti economico– filosofici introduce nella sua analisi il concetto di alienazione. M. ha capito che lo stato borghese è uno stato falsamente universale e che maschera dietro alla sua apparente universalità il dominio di classe , è spinto - pertanto -ad approfondire l’analisi della società borghese e trova sulla scia dell’indicazione di Engels utile lo studio dell’economia politica.
Marx ritiene che l’economia politica sia l’espressione teorica della società capitalistica, cioè, una valida anatomia di questa società. L’economia politica è nello stesso tempo una mistificazione perché fornisce una falsa immagine del mondo borghese. L’economia politica non usa la dialettica e non è quindi capace di pensare in termini storico -processuali e tende a presentare l’analisi economica che effettua come permanente, eternizzata nel sistema capitalistico, che appare come l’unico modo razionale di produrre ricchezza. L’economia politica non può scorgere le contraddizioni che vi sono nella società borghese; la conflittualità tra lavoro e capitale che si manifesta nell’alienazione.
Il termine alienazione è stato trovato già nello studio del pensiero Hegel à movimento dello spirito che si fa altro da sé, per diventare natura, per potersi riscoprire arricchito. L’alienazione ha un significato strutturale, ineliminabile: positivo perché lo spirito comunque si ritrova arricchito alla fine del processo, negativo perché decade nella natura, che non ha una struttura dialettica ed è inferiore allo Spirito . In Feuerbach - invece- l'alienazione ha solo un significato negativo:essa esprime la situazione in cui si trova l'uomo religioso, che si sottomette ad una potenza estranea ( Dio), che egli stesso ha posto estraneandosi in tale realtà.
Marx riprende la concezione di Feuerbach dell'alienazione accentuando la struttura formale del meccanismo dell'alienazione , inteso come condizione patologica , come scissione-estraneazione. M mentre per Feuerbach l'alienazione è un fatto coscienziale, per Marx è una condizione reale di natura socio-ecomonica, che si identifica con la condizione del lavoro salariato nell'economia capitalistica.

venerdì 15 marzo 2013

L'esaltazione dell'antropologia
Ludwig Feuerbach



Pur basando i suoi studi universitari su studi di teologia, Feuerbach verrà maturando pensieri ateistici, nella convinzione che solo divenendo atea l'umanità possa riacquistare fiducia in se stessa e realizzare un mutamento sostanziale delle cose. Decise quindi di schierarsi con quelli che usavano definirsi dell "sinistra hegeliana" per la quale scrisse molti saggi antiteologici e illuministici, scritti contro la rappresentazione di un dio personale e contro la fede egoistica nell'immortalità.
Egli é stato uno dei primi, se non il primo, fra i pensatori moderni, a convincersi che filosofia e teologia, illuminismo e cristianesimo sono in profondo contrasto tra loro, proponendo così un nuovo tipo di materialismo.

"Il segreto della teologia è l'antropologia"

Feuerbach non fece altro che rovesciare la coincidenza hegeliana di finito e infinito, di spirito umano e assoluto, ponendo il secondo termine come esplicazione del primo e non viceversa. La "coscienza di Dio" (o dell'assoluto) era improvvisamente diventata l'"autocoscienza dell'uomo". Dio cioè non veniva solo negato ma Feuerbach attribuiva all'uomo gli attributi, le qualità che prima si attribuivano a Dio.L'uomo, che è soggetto attivo, aliena i suoi attributi o predicati (l'essere buono, saggio, vero ecc.) nell'ente fittizio da lui creato, Dio, il quale, con un'inversione dei rapporti veri, diventa soggetto attivo, mentre l'uomo diventa il predicato.
Le considerazioni di Feuerbach sono state molto forti per l'epoca, entusiasmarono ovviamente e sopratutto tutta la sinistra hegeliana.

L'antropologia di Feuerbach diventa radicalmente ateistica poiché ora il credente viene considerato come un uomo che crea dio a sua immagine e somiglianza. Il concetto di Dio non è altro che la proiezione di un uomo alienato, che sposta il proprio essere umano fuori di sé, assolutizzando nell'aldilà quelle proprietà umane (amore, giustizia, sapienza...) ch'egli come singolo non riesce a vivere pienamente ma che potrebbe e può farlo come "genere umano".


Questi concetti che mettono in dubbio l'assolutezza di Dio mi ricordano molto "Gethsemane" di "Jesus Christ Superstar", nella quale si vede la figura di Gesù molto più "umana" rispetto a quella proposta dalla bibbia. Un messia debole e umile che si domanda quale potrebbe essere il motivo di tute le sue sofferenze. Un Gesù più antropologicamente "reale" che si presenta di fronte ad un Dio il cui scopo viene messo in dubbio.

lunedì 17 dicembre 2012


“Io vi insegno il superuomo. L’uomo è qualcosa che deve essere superato”

“[…] un tempo il sacrilegio contro Dio era il massimo sacrilegio, ma Dio è morto, e cosi sono morti tuti questi sacrileghi.”
Friedrich Nietzsche, “Così parlo Zarathustra”



Queste due citazioni esprimono due dei principali concetti filosofici di Nietzsche presenti in Matrix (1999), quindi quello dell’superuomo, un essere che è in grado di accettare le dimensioni tragiche della vita, di sopportare la perdita delle certezze assolute ma che soprattutto può nascere solo dalla morte di Dio e dal vuoto che essa provoca. Neo, il protagonista del film nonché “l’eletto”, é la liberazione del genere umano, non la venerazione di un presunto Dio; ed egli lotta per ridare la libertà a tutto il genere umano, non a presunte "razze" superiori, come spesso si è voluto erroneamente credere che il superuomo nietzscheano fosse tenuto a fare. Neo sembra poi essere un personaggio nietzscheano al pari del Übermensch di cui Zarathustra è il profeta, per le caratteristiche del superuomo che egli incarna: consapevole della propria superiorità, egli si realizza pienamente nella guerra condotta contro le intelligenze artificiali; cosciente della catastrofica situazione e della falsità del mondo, egli non risolve la propria volontà in un 'no' alla vita, ma in una piena accettazione degli eventi ( amor fati ), facendo prevalere ed estrinsecando la propria infinita volontà di potenza.

“Volontà di vita? Al suo posto ho sempre soltanto trovato volontà di potenza.” Frammenti postumi(1884/5)

Nietzsche fa questo collegamento: volontà di potenza = autopotenziamento = autocreazione della vita. Quindi la libera produzione della medesima vita al di là di ogni piano e regola prestabilita. È proprio quello che farà Neo scegliendo di staccarsi dal mondo della matrice con l’aiuto di Morpheus e di guardare in faccia alla “verità”.
Tuttavia il superuomo nietzscheano, come già detto, non può coesistere con Dio e infatti può nascere solo dopo la “morte” di quest’ultimo. In Matrix infatti mai viene fatto riferimento a Dio, nè per chiedergli aiuto nè per lamentarsi della disastrosa condizione in cui é ridotta l'umanità.  La similitudine del fatto della presenza di un “superuomo” e della mancanza di Dio nel film come nel pensiero di Nietzsche e uno dei segni più grandi dell’influenza della sua filosofia per la creazione di tale opera.